Il virus totalitario contro l’impresa libera

Recensione Dario Fertilio Il virus totalitario

Totalitarismo. Ognuno crede di saperlo riconoscere, soprattutto con l’ausilio di due paradigmi consolidati: il nazismo e il comunismo. Il bel libro di Dario Fertilio Il virus totalitario. Guida per riconoscere un nemico sempre in agguato (Rubbettino) dimostra, invece, che il totalitarismo non è soltanto un fenomeno consegnato alla storia, ma è ancora tra noi, proprio come un virus che può rimanere silente per anni, eppure, è sempre passibile di infettare in modo profuso e improvviso, in contesti sorprendenti e in situazioni inattese. Mantenendo questa similitudine, Fertilio – giornalista e scrittore, editorialista del “Corriere della Sera”, autore di libri come Il fantasma della libertà, La morte rossa,  Lanima del Fuhrer: il vescovo Hudal e la fuga dei nazisti in Sud America, Musica per lupi, Le notizie del diavolo: la parabola ignota della disinformazione – individua nell’attuale i portatori di questo virus in tutti i nazionalismi che si sono succeduti dall’ottocento a oggi, non solo nel fascismo, nell’islamismo radicale, pericolo incombente, e in quel demototalitarismo da cui l’Europa, soprattutto comunitaria, deve cominciare a guardarsi.

L’analisi di Fertilio tocca anche altri possibili terreni di coltura del virus: il razzismo, l’inganno della purezza, la funzione del male, il potere del nulla, il mito dell’autoredenzione, tutta quella che viene definita “galassia gnostica”, ma anche le religioni e le estremizzazioni di ciascuna ideologia. Ideologia e totalitarismo sono concetti non necessariamente e non sempre sovrapponibili, tuttavia, è indubbio che più l’ideologia si struttura più mostra le sue caratteristiche totalitarie.

Per un lungo periodo, dall’ottocento alla prima metà del novecento, il totalitarismo ha avuto in occidente espliciti estimatori, in quanto garante dell’ordine e custode dei cosiddetti fini ultimi prefissati, che dovrebbero orientare ciascun cittadino, spesso a partire da un’utopia. Benito Mussolini, per esempio, rivendicò per il fascismo una precisa “volontà totalitaria”, capovolgendo il senso dispregiativo del termine.

La tentazione totalitaria, ricorda l’Autore, ha accompagnato la storia, anche quella dell’Europa, lungo un’antinomia irriducibile come quella tra salute e malattia, senza che sia stata debellata, né con la sconfitta del nazismo né con il disfacimento dell’URSS e la caduta del muro di Berlino. È una questione che non può essere elaborata efficacemente senza tenere conto dei contributi di Freud e di Lacan, nota Fertilio.

Superando la definizione enciclopedica di totalitarismo come “sistema politico autoritario, in cui tutti i poteri sono concentrati in un partito unico, nel suo capo o in un ristretto gruppo dirigente”, il libro di Fertilio mette in guardia ciascuno di noi, affinché lo riconosciamo ovunque esso si annida, anziché rischiare di favorirlo inavvertitamente. E trova che una cosa accomuna tutte le forme di totalitarismo: la paura della libertà, dell’oralità e della scrittura – da parte di chi condivide i fini ultimi inscritti nell’ideologia totalitaria di riferimento – e la paura del fare che non rientra negli standard o nei protocolli, dell’impresa libera e della ricerca libera.

 

Carlo Marchetti

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