L’ottimista razionale: il compagno di viaggio dell’imprenditore

Recensione di Matt Ridley - Un ottimista razionale

Uno zoologo che ci racconta la storia dello sviluppo. Matt Ridley ci invita a essere ottimisti facendo un viaggio lungo diecimila anni, nel corso dei quali le condizioni di vita degli uomini sono costantemente migliorate grazie alla capacità, peculiare dell’essere umano, di apprendere facendo ricorso all’intelligenza collettiva. L’intelligenza collettiva non è, come gli appassionati di fantascienza ci raccontano, una sorta di computer centralizzato che immagazzina ricordi e informazioni sulla vita di moltitudini di uomini, non è qualcosa di  pianificato, bensì il risultato non voluto, e sempre provvisorio, dell’interazione continua tra le persone, che si manifesta attraverso lo scambio. In particolare gli scambi commerciali, dal più piccolo, che si consuma in qualche mercatino rionale, a quelli che muovono milioni di dollari o di euro. Quel che è sorprendente è che nessuna mente o nessuna macchina centralizzata ha pianificato e pianifica questi scambi. Anzi, laddove si è tentato di farlo (Unione Sovietica) o lo si sta facendo (Cuba, Corea del Nord) i fallimenti sono sotto gli occhi di tutti.

Pertanto, lo scambio libero tra persone consenzienti (quando le idee “fanno sesso”, per dirla con l’Autore) è ciò che forma l’intelligenza collettiva per mezzo dello scambio continuo di informazioni sulle proprie esperienze nei mercati vicini e lontani, le stesse informazioni che permettono di dar vita a un sistema dei prezzi sufficientemente preciso e attendibile. E, proprio attraverso l’intelligenza collettiva, si creano le condizioni per lo sviluppo incessante che ci ha accompagnato negli ultimi diecimila anni e continuerà ad accompagnarci. Dai progressi in campo agricolo, che, dai pochi milioni di persone della preistoria, oggi ci consente di sfamarne oltre sette miliardi (con tanti saluti al pessimismo del reverendo Malthus), ai progressi del commercio grazie allo sviluppo delle città romane, prima, medievali, rinascimentali e moderne, poi.

Anzi, dal 1800, con il dispiegarsi degli effetti della rivoluzione industriale, l’intelligenza collettiva acquisisce un livello di densità mai visto né concepito, grazie all’infittirsi continuo degli scambi, in cui invenzione alimenta invenzione in maniera ridondante, creando i presupposti, per la prima volta nella storia umana, per i rendimenti crescenti dell’industria manifatturiera, che aumenta la produzione in progressione geometrica, mentre la popolazione cresce in progressione aritmetica, sempre con tanti saluti al  pessimismo del reverendo Malthus.

Soltanto nel XX secolo questo ottimismo crescente e ben motivato subisce un arresto a causa dei proclami allarmistici di gran parte delle élite dei maîtres à penser, forse nostalgici dei tempi in cui potevano campare da privilegiati nelle loro torri d’avorio, circondati da masse di analfabeti, senza dover rendere conto a nessuno dei propri errori. In particolare, viene indicata l’Africa come esempio di ottimismo mal riposto, dimenticando forse che, proprio perché è il continente meno coinvolto nella rete mondiale degli scambi, l’Africa è rimasta più indietro rispetto ad altre parti del mondo. Ma, negli ultimi anni, lo scambio ha fatto capolino anche in Africa e i primi risultati si cominciano a vedere.

Quindi, nonostante la crisi degli ultimi anni, L’ottimista razionale è davvero un colpo ben assestato ai soloni del catastrofismo dilagante e un compagno di viaggio entusiasmante per chi intraprende, per chi innova e per chi tutti i giorni lavora con uno sguardo costruttivo rivolto all’avvenire.

 

Carlo Zucchi

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