Che cosa è accaduto veramente nel XX secolo?

Peter Sloterdijk - Che cosa è successo nel XX secolo

La fama di Peter Sloterdijk è legata soprattutto al libro Critica della ragion cinica, il testo di filosofia in lingua tedesca più letto dal 1945, e della trilogia Le sfere, in cui si occupa dei grandi fenomeni attuali, come la globalizzazione. Il recente Che cosa è successo nel XX secolo? fa derivare gran parte dei suoi temi da tale trilogia, rendendoli fruibili al lettore e appassionanti nella lettura. Gli esiti di questo libro sono molto distanti da quelle dei testi sul Novecento che ci accompagnano dalla fine del XIX secolo, come La fine della storia di Fukuyama o Il secolo breve di Hobsbawm. Pur tenendo conto dei terribili eventi che lo hanno caratterizzato, che per molti aspetti, soprattutto politici, fanno ancora sentire i loro effetti, Sloterdijk non ne fa una lettura apocalittica, ma un pretesto per una nuova “interpretazione”. In una frase che è quasi un esergo al libro, afferma: “Se il XX secolo aveva messo all’ordine del giorno la realizzazione dei sogni della modernità, senza però interpretarli correttamente, si può dire che il XXI secolo debba cominciare da una nuova interpretazione dei sogni”. E il riferimento a Freud non è casuale, considerando che nel libro è uno dei pensatori più citati. Il XX secolo, per l’Autore, non è stato né la scena né la premessa per la fine del mondo: egli ricorda altri momenti “apocalittici” nella storia del pianeta, non inferiori alle guerre mondiali, anche se spesso di origine naturale. Una su tutte, la grande peste nera del Trecento, che, stando alle cronache del tempo e ai dati raccolti più recentemente, ha causato più decessi delle due guerre mondiali e delle stragi provocate dalle ideologie del Novecento, in considerazione della grande differenza di popolazione nell’emisfero settentrionale del pianeta tra quell’epoca e l’attuale. Sloterdijk rileva comunque come grandi eventi considerati naturali si combinino spesso con l’azione dell’uomo. L’impero tartaro declinante, in uno degli ultimi assalti alle roccaforti cristiane lungo il Mar Nero, si avvalse, secondo la ricerca dell’Autore, di uno dei primi esempi di guerra biologica, con il lancio di cadaveri di morti per peste oltre le linee di difesa dei cristiani, allo scopo di diffondere il contagio in tutta Europa, a partire dai porti italiani, al ritorno di militari e mercanti. La ricerca dell’Autore rileva come non ci sia una causa determinante univoca dei fenomeni di portata storica, e non è interessante intervenire soltanto su quella che riteniamo rilevante. Sloterdijk entra in contrasto più volte con il neohegelismo, soprattutto francese, e con il pensiero dialettico, perché nega il valore predittivo della dialettica. Anche nei momenti più difficili, comprese le crisi economiche, occorre trovare di volta in volta la soluzione, senza timore di determinismi ineluttabili. Tornando all’esempio precedente, sostiene che, senza quella pandemia di peste, probabilmente, il Rinascimento non si sarebbe manifestato con quella forza creativa, quasi dirompente, e con quella cesura radicale con il periodo precedente. Il Rinascimento, cui Sloterdijk annette grande importanza e a cui dedica un capitolo fondamentale del libro, è stato per lui anche un’istanza di vita che ha dato inizio alla modernità. Cita il Decameron di Boccaccio – con le novelle raccontate dai giovani fiorentini ritiratisi nella villa fuori dalla città per salvarsi dalla peste – come primo testo della modernità.

Anche riguardo al XX secolo, tema centrale del libro, non vanno chiamate in causa soltanto le ideologie, i nazionalismi, le cause economiche o quelle storiche di vecchia data, ma anche quella che egli chiama “apocalisse del reale”, che non ha niente a che vedere con l’apocalisse comunemente intesa come fine del mondo o delle cose, in merito alla logica dell’estremismo cui si era giunti in Europa, e alla conseguente trasvalutazione di tutti i valori in auge fino a quel momento.

Sloterdijk non pronuncia affatto una sentenza inappellabile sul Novecento; piuttosto, chiama in causa quella che lui definisce “debolezza di sguardo” di chi continua ad applicare a esso, quasi per cristallizzarne un senso sfuggente, etichette come “età dei totalitarismi”, “secolo breve”, “principio della fine della storia”, e celebrare il XXI secolo come “secolo della globalizzazione”.

Ma il libro, come tutta l’elaborazione e l’opera di Sloterdijk, ha un valore “altro” che trascende l’analisi storica e quella filosofica, per approdare a un pragma e a un’indicatività individuale quasi “clinica”. Fondamentale la sua analisi di quella che definisce, anche nel presente libro, la “malinconia” che si manifesta periodicamente nel pensiero occidentale, che coinvolge anche gl’individui, divenendo concausa della maggior parte degli eventi, soprattutto di quelli più drammatici. Ma indicandone anche un “metodo” estremamente pragmatico e riflessivo, per elaborarla e per “uscirne”, da filosofo e da cittadino dell’occidente.

Carlo Marchetti

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